I predicatori del nulla
Il grande vantaggio di una democrazia matura è che tutti possono apparire in televisione e prendere in giro i politici. Naturalmente anche i politici possono apparire in televisione e prendere in giro tutti. Questa sì che è "par condicio".
A parte gli scherzi, in questi giorni prima delle elezioni sto assistendo alla deriva della politica. Odio i moralismi ed i predicatori del nulla, mi infastidiscono le frasi fatte e le scoperte acquacaldifere, detesto la ripetizione pedissequa di slogan pre-confenzionati.
Mi riferisco al pragmatismo da marketing, che sta facendo breccia ormai dovunque e diviene via via sempre più parossistico con l’avvicinarsi delle elezioni. Per carità, non metto in dubbio le qualità degli studiosi di “tendenze” e “pensieri correnti”, dei creatori di “mode e modi” loro hanno ragioni, anche scientifiche, o meglio matematiche, per dire quello che dicono.
Quello che penso è che , forse, per “cambiare ed estripare”, i vizi e le brutture ricorrenti della politica in questo paese si devono cambiare anche la qualità, i metodi, le misure e financo i linguaggi di quella che noi definiamo in questo modo. Quindi l’accettarne le regole, generalizzandole e facendole divenire la forca caudina sotto la quale passare per accedere alla credibilità è, quantomeno, stupido.
“La gente vuole questo…”,“ l’italiano è di destra…di sinistra…di centro…” ,“ dobbiamo dire e fare quel che la gente vuole”, sono frasi ripetute all’interno dei circoli della politica, che sostituiscono ormai il senso delle cose che si dicono.
Altri frasi fatte, molto in voga sono: “prima andiamo in parlamento e poi cambieremo…”, “per cambiare qualcosa dobbiamo avere un peso politco…”, “ modificheremo il malcostume dall’interno se gli elettori ci voteranno…”.
Parole, parole, parole... nessuno appare realmente preoccupato di cambiare il mondo, anzi il successo, la credibilità, l’ascolto, le possibilità reali di incidere sembrano passare dall’acquisizione di una maggioranza non basata però sulla affermazione di un’idea ma, piuttosto, sulla demonizzazione dell'avversario e delle sue azioni.
Credo che sia la soluzione peggiore, la più sbagliata, la scelta che ha portato la politica ad essere esattamente quello che è, a perdere il senso della sua vocazione per divenire solo trattazione del potere. Significa fare l’errore che sino ad oggi hanno ripetuto tutti, cioè adattarsi al sistema, per divenire “accettabili” e “credibili” e quindi perdere il motivo portante che ci ha condotti fin qui, per divenire anche noi “uguali agli altri” .
Chiunque pensi di agire per sostituzione dei componenti senza discutere il sistema e le leggi interne che lo sorreggono, chiunque pensi di cambiarlo, il sistema, senza discutere delle sue ragioni filosofiche e spirituali e senza modificare i rapporti fra gli uomini ed i postulati che li sottendono…bhè non sta cambiando nulla. Sta solamente rinnovando, potando i suoi rami alti per renderlo più forte e più frondoso. Accettandolo , di fatto, e rinnovando l’assioma che questo sia il miglior mondo possibile.
Si inizia così, rinviando le discussioni importanti, privilegiando gli effetti alle cause, questo è l’errore ricorrente di tutti i “sommovimenti” e le “rivoluzioni” del passato: avere preso il potere senza discuterlo, essersi sostituiti alla classe dirigente senza modificare i rapporti, senza discutere davvero del perché si era lì e di cosa si stesse facendo.
Avere mantenuto i medesi “rapporti spirituali” fondati sulla medesima filosofia e sul medesimo racconto del potere personale, fatto di Carisma, Competizione, Forza, Affermazione, Decisione, Fascino, ma sostanzialmente identico a quello che sia andava a sostituire. Ed allora è per questo che ancora mi trovo qui, nonostante tutto a rinnovare le ragioni dell’utopia, i motivi per cui…, a ricordare che se siamo arrivati sin qui c’erano delle ragioni a spingerci.
A parte gli scherzi, in questi giorni prima delle elezioni sto assistendo alla deriva della politica. Odio i moralismi ed i predicatori del nulla, mi infastidiscono le frasi fatte e le scoperte acquacaldifere, detesto la ripetizione pedissequa di slogan pre-confenzionati.
Mi riferisco al pragmatismo da marketing, che sta facendo breccia ormai dovunque e diviene via via sempre più parossistico con l’avvicinarsi delle elezioni. Per carità, non metto in dubbio le qualità degli studiosi di “tendenze” e “pensieri correnti”, dei creatori di “mode e modi” loro hanno ragioni, anche scientifiche, o meglio matematiche, per dire quello che dicono.
Quello che penso è che , forse, per “cambiare ed estripare”, i vizi e le brutture ricorrenti della politica in questo paese si devono cambiare anche la qualità, i metodi, le misure e financo i linguaggi di quella che noi definiamo in questo modo. Quindi l’accettarne le regole, generalizzandole e facendole divenire la forca caudina sotto la quale passare per accedere alla credibilità è, quantomeno, stupido.
“La gente vuole questo…”,“ l’italiano è di destra…di sinistra…di centro…” ,“ dobbiamo dire e fare quel che la gente vuole”, sono frasi ripetute all’interno dei circoli della politica, che sostituiscono ormai il senso delle cose che si dicono.
Altri frasi fatte, molto in voga sono: “prima andiamo in parlamento e poi cambieremo…”, “per cambiare qualcosa dobbiamo avere un peso politco…”, “ modificheremo il malcostume dall’interno se gli elettori ci voteranno…”.
Parole, parole, parole... nessuno appare realmente preoccupato di cambiare il mondo, anzi il successo, la credibilità, l’ascolto, le possibilità reali di incidere sembrano passare dall’acquisizione di una maggioranza non basata però sulla affermazione di un’idea ma, piuttosto, sulla demonizzazione dell'avversario e delle sue azioni.
Credo che sia la soluzione peggiore, la più sbagliata, la scelta che ha portato la politica ad essere esattamente quello che è, a perdere il senso della sua vocazione per divenire solo trattazione del potere. Significa fare l’errore che sino ad oggi hanno ripetuto tutti, cioè adattarsi al sistema, per divenire “accettabili” e “credibili” e quindi perdere il motivo portante che ci ha condotti fin qui, per divenire anche noi “uguali agli altri” .
Chiunque pensi di agire per sostituzione dei componenti senza discutere il sistema e le leggi interne che lo sorreggono, chiunque pensi di cambiarlo, il sistema, senza discutere delle sue ragioni filosofiche e spirituali e senza modificare i rapporti fra gli uomini ed i postulati che li sottendono…bhè non sta cambiando nulla. Sta solamente rinnovando, potando i suoi rami alti per renderlo più forte e più frondoso. Accettandolo , di fatto, e rinnovando l’assioma che questo sia il miglior mondo possibile.
Si inizia così, rinviando le discussioni importanti, privilegiando gli effetti alle cause, questo è l’errore ricorrente di tutti i “sommovimenti” e le “rivoluzioni” del passato: avere preso il potere senza discuterlo, essersi sostituiti alla classe dirigente senza modificare i rapporti, senza discutere davvero del perché si era lì e di cosa si stesse facendo.
Avere mantenuto i medesi “rapporti spirituali” fondati sulla medesima filosofia e sul medesimo racconto del potere personale, fatto di Carisma, Competizione, Forza, Affermazione, Decisione, Fascino, ma sostanzialmente identico a quello che sia andava a sostituire. Ed allora è per questo che ancora mi trovo qui, nonostante tutto a rinnovare le ragioni dell’utopia, i motivi per cui…, a ricordare che se siamo arrivati sin qui c’erano delle ragioni a spingerci.